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Immagine del redattoreFederico

“HIRAETH” di Twelve Days In June


Twelve Days in June, il progetto in studio di Dave Hulegaard di Schenectady, New York, continua a consolidare la sua reputazione come successore spirituale delle influenti scene alternative rock, grunge e shoegaze degli anni ’90. Con il loro quarto album in studio Hiraeth, la band si immerge in un viaggio intenso, guidato dalla chitarra, che risuona di emozioni crude e nostalgia, offrendo un album che sembra una liberazione catartica di dolore, isolamento e domande esistenziali. Dalla traccia di apertura “Numb” alla conclusiva “Blush,” Hiraeth è un turbine di intensità sonora. L’album è una testimonianza della crescente maestria di Hulegaard nel fondere l’alternative rock degli anni ‘90 con sensibilità moderne, creando un suono che è sia nostalgico che fresco. Con la produzione di Ben Hirschfield (noto per il suo lavoro con band come Present, The Story So Far e Against Me!), l’album trova un equilibrio perfetto tra riff di chitarra aggressivi e trame atmosferiche e oniriche che spesso sfociano nel territorio del shoegaze.


I temi dell’album, come il dolore, il nichilismo e la condizione umana, vengono esplorati con testi crudi e introspettivi che fanno sembrare Hiraeth una lunga seduta di terapia. L’atmosfera dell’album è incessantemente pesante, ma c’è una certa catarsi nella sua malinconia. La giustapposizione tra i cori esplosivi, dominati dalla chitarra, e i momenti più tranquilli e riflessivi crea una tensione che è al contempo rinvigorente e inquietante. Hiraeth sembra essere un album pensato per essere suonato ad alto volume, con canzoni che richiedono di essere alzate e vissute appieno. “Numb,” l’apertura dell’album, immerge immediatamente gli ascoltatori nel mondo di Hiraeth, stabilendo il tono con la sua energia pulsante e il peso emotivo palpabile. Man mano che l’album avanza, tracce come “Undertow” e “Going Home” continuano a costruire questa intensità, spingendo l’ascoltatore sempre più nel cuore di ciò che Hulegaard naviga così bene.



L’album non manca però di momenti di bellezza. “Blush,” la traccia finale, conclude l’album con un colpo emotivo. Questo esito emotivo parla della profondità della narrazione dell’album, con la sua esplorazione della mortalità e delle cicatrici emotive. Complessivamente, Hiraeth è un risultato straordinario per Twelve Days in June. È un’esplorazione audace e senza compromessi della psiche umana, avvolta negli strati sonori dell’alternative rock degli anni ’90, del grunge e del shoegaze. Con Hiraeth, Dave Hulegaard e Twelve Days in June hanno consolidato il loro posto come una forza formidabile nella scena musicale alternativa.




Scrittore; Federico

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