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“DORA LEE (GRAVITY)” di Rosetta West

  • Immagine del redattore: Ester
    Ester
  • 13 giu
  • Tempo di lettura: 2 min
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Con "Dora Lee (Gravity)," Rosetta West mette a fuoco la loro miscela distintiva di blues rock, psichedelia e narrazione spirituale. Registrato dal vivo ai Gravity Studios di Chicago per la loro serie Gravity Sessions, la traccia cattura la cruda urgenza di una band profondamente connessa sia alle loro radici che ai bordi trascendenti del loro suono. Questa versione di "Dora Lee" reinventa l'originale del loro precedente album Night's Cross con una ritrovata immediatezza. Spogliato dello smalto da studio, sembra volatile e vivo: grintoso, emotivo e pronto a scoppiare. Joseph Demagore, fondatore e frontman della band, offre una performance vocale che è più invocazione che narrazione. Supportato da Herf Guderian al basso e Mike Weaver alla batteria, il trio si blocca in un ritmo teso e guidante che ancora i temi inebrianti della canzone.


Liricamente, "Dora Lee (Gravity)" non segue una linea retta. Si muove come un sogno febbrile, pieno di riferimenti al mito, alla follia e al desiderio. Ma ciò che distingue davvero questa versione è la grafica di accompagnamento. Il video musicale è incentrato su una figura militare infestata: la sua solitudine spezzata da visioni di potenti dee provenienti da tutte le tradizioni spirituali. Queste figure, che suggeriscono Ishtar, Kali ed Ecate, si muovono attraverso la sua psiche come spiriti di memoria e reckoning. Non sono semplicemente simbolici; sono incarnazioni del cambiamento, della distruzione e del divino femminile. Questa scelta di inquadratura getta la corrente sotterranea emotiva della canzone in una nuova luce. Guerra, dolore, desiderio e identità si scontrano in un paesaggio surreale che rispecchia la complessità sonora della band.



Le immagini non sono illustrative, sono interpretative. Allungano il significato della canzone senza forzare una narrazione fissa, invitando gli spettatori in uno spazio mitico in cui il suono e l'immagine si offuscano. Ciò che Rosetta West realizza qui non è solo una performance, è un rituale. Abbinando una ripresa dal vivo carica con immagini vivide, ricordano agli ascoltatori perché la loro musica ha resistito ai margini per decenni. Il loro rifiuto di conformarsi, la loro capacità di fondere temi spirituali con il potere viscerale del rock, rende questo singolo un momento eccezionale nelle Gravity Sessions. In "Dora Lee (Gravity)," Rosetta West non si limita a rivisitare il vecchio terreno, scopre qualcosa di più profondo sotto di esso. È coinvolgente, intensa e interamente loro: una canzone che brucia, chiama e lascia un segno.



 
 
 

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